Ho sempre riconosciuto a Piero un talento raro. Nelle occasionali discussioni tra colleghi e amici ho spesso detto che per essere destinato alla giurisprudenza, era il più bravo dei non destinati, per studio e vocazione, alla musica.
Innamorato del jazz, da questa sua passione è riuscito ad isolare alcune precise caratteristiche di questo linguaggio musicale, trasformandole, facendole sue, in sostanza stilistica personale, coerente e riconoscibile pur nelle applicazioni variamente contrastanti della pratica cinematografica. Dalla esplicità modernità di “Le mani sulla città” alla poetica vicenda di “Fumo di Londra” e la bellissima e ricercata canzone “Amore, amore, amore”, la riconoscibilità della sua cifra stilistica è sempre chiara e comunicativa.
Il ricordo delle nostre discussioni è per me sempre vivo: quando Piero iniziava a parlare non potevo sapere dove sarebbe arrivato. Il suo era un volo spensierato e festoso attraverso la politica, la morale, il paradosso, l’ironia e la satira e ancora su tutti i problemi materiali ed etici della vita. Quando terminava il suo volo e tornava all’argomento di partenza, sembrava di aver ascoltato qualcosa di sognato e di profondamente culturale (ma senza presunzione).

Piero ha lasciato un “buco” vuoto a chi, come me, lo stimava e gli era sinceramente amico.

Ci rivedremo, Piero, in un mondo solo musicale, senza le ipocrisie che vediamo spesso come tele di ragno, presenti in questa nostra vita.

Pianist, organist, conductor & composer
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